Quando il clinico è nella stanza con il paziente, si espone ai suoi vissuti, alle sue problematiche, alla sua storia, alla sua sofferenza, alla sua pulsione, alle sue richieste. Esporsi, vuol dire lasciarsi toccare. Questo 'lasciarsi toccare' è fondamentale per il lavoro e allo stesso tempo deve essere ben utilizzato, utilizzato in modo etico. Ciò significa che se il clinico è toccato su un piano 'personale', non è dal medesimo piano che egli poi dovrà rispondere.
Ogni volta, piuttosto, dovrà poter lui stesso osservare il materiale emerso (del paziente) e riporgerlo , secondo tempi e modalità del paziente stesso, e non secondo i propri. Quest'operazione, l'unica che permette un lavoro etico e che vede il clinico come strumento della cura e in quanto tale differenziato dal paziente, è consentita dall'utilizzo dell'Analisi personale e della Supervisione. In questo senso, lo strumento-clinico si avvale, per funzionare bene, di altri due strumenti.
Questo permette da un lato di tutelare sia il paziente sia il clinico da derive anti-etiche, come la formazione di diadi clinico-paziente simbiotiche o la prosecuzione cosiddetta 'a pancia' del percorso; dall'altro lato promuove il mantenimento di una giusta esposizione del clinico, evitando al percorso di diventare piuttosto arido, dove si cerca di affrontare la complessità dell'umano con la sola tecnica standardizzata.